lunedì 21 maggio 2018

Bernardo Atxaga

Fernando si sente diverso dagli altri bambini e un pomeriggio in riva al fiume, dove è andato a pescare le trote, vede arrivare la madre di un suo coetaneo, Raúl, accompagnata da Moro, un doberman. Se la immagina “completamente nuda”, la invita a fare il bagno e per tutta risposta lei se ne va. La rarefatta sensualità di quell’ incontro, che rimane (va da sé) inespressa è l’elemento da cui si moltiplicano e si sommano le vicende dei Sei soldati. Il primo incrocio di Fernando con gli altri personaggi avviene sul treno che li porta a destinazione per il servizio militare. Sono passati parecchi anni e, nello stesso scompartimento, Raúl nemmeno riconosce Fernando che nella sua solitudine ha sviluppato una personalità contorta, tanto da accorgerci che   “talvolta penso che una delle caratteristiche che mi distingue dagli altri è il modo in cui funziona la mia testa. Per dirla in breve, la mia testa va da sola, indipendentemente dalla mia volontà e spesso stento a capire dove vuole arrivare”. Fernando segue Raúl come ultima connessione con il suo sogno erotico dell’infanzia, ma non è l’unico ad avere qualcosa da nascondere. Lo stesso Raúl è partito “con una missione specifica da portare a termine” e nello zaino ha “cinquemila volantini che testimoniavano in cifre la corruzione esistente nell’esercito”. Un bel modo di presentarsi all’appello. Il periodo della leva, determinato dall’ordine, dalla disciplina (ma anche dalla protervia e dall’insipienza dei superiori) comprime le personalità facendone emergere le sporgenze, ed ecco che tra i Sei soldati si sviluppa una rete di tensioni tutte da esplorare. Bernardo Atxaga le tratteggia con rapide pennellate, pochi tratti e un linguaggio limpido, vispo e per certi versi anche allegro. Un tono che resta inalterato per tutto il corso del racconto ed è la caratteristica memorabile di Sei soldati. Arrivati in caserma, per sfuggire alle ritorsioni della perquisizione, Raúl nasconde i volantini pacifisti e antimilitaristi nell’armadietto di Zanguitu. Di origine contadine, è stato un compagno di viaggio carico di cibo e di silenzi che viene subito arrestato e incarcerato. Attorno alla prigionia, allietata dalla benevolenza di un sergente (Valverde) che è un custode sui generis, si sviluppa tutto il resto del racconto. Dietro le sbarre appare Eliseo detto Uccellino (nomignolo che deriva da una storia che scorre parallela e che l’ha portato in galera), il compagno di cella di Zanguitu che lo convince a collaborare con Galeano alias Mendoza e poi con Carlo (il sesto e ultimo protagonista) a scoprire la “serpe”. Gli ufficiali sono infatti sulle tracce di un soldato che sta collezionando una lunga scia di furti, falsi, truffe e stupri nelle piscine pubbliche. La vita militare li fa incontrare tutti, ognuno con il proprio fardello e la propria diversità e l’intreccio si snoda un po’ casuale e un po’ ordito con molta grazia da Bernardo Atxaga che confeziona un breve racconto in perfetto equilibrio tra la mezza dozzina di diverse prospettive dei personaggi e la trama lasciata scorrere in libertà proprio come il fiume che introduce la storia dei Sei soldati così come la sigilla alla fine.

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