La lucidissima follia di Salvador Dalí condensata nelle pillole di Rompere le regole è una scoperta curiosa, e molto preziosa. L’attitudine poliedrica, esuberante e visionaria dell’artista catalano non è mai stata in discussione, compresi il suo approccio senza lacci, schemi o ordini accademici nonché quell’originalissima percezione quando dice che “la bellezza non è che la somma di coscienza delle nostre perversioni”. Una passione che in Rompere le regole si rivela contagiosa verso colleghi altrettanto avventurosi come Picasso (“La bellezza sarà possibile ancora una volta. E lo dovremo ancora, paradossalmente, allo sforzo assolutamente demoniaco di Picasso che ha preteso di raggiungerla”) e Miró (“Joan Miró restituisce al tatto, al punto, al più lieve stiramento, al significato figurativo, ai colori, le loro più pure virtualità magiche elementari”) senza dimenticare i richiami a Giotto, Breton, Rosseau. L’importanza dello sguardo, da dove tutto comincia e finisce, le assonanze tra la natura e la realtà mettono in prima linea la “luce del cinema”, (“È una luce molto spirituale e molto fisica a un tempo. Il cinema capta esseri e oggetti insoliti, più invisibili ed eterei che le apparizioni delle mussoline spiritiche. Ogni immagine cinematografica è la cattura di una spiritualità incontestabile”), la fotografia e la poesia (“Il lirismo delle immagini poetiche non è filosoficamente importante se non quando raggiunge, nel suo funzionamento, la stessa esattezza che hanno nella loro sfera di azione le matematiche. Il poeta deve, prima di chiunque altro, provare ciò che dice”). Anche in questo caso, Dalí sapeva esprimere un’opinione estrema e coraggiosa (“Qualunque marciume può sempre procurare da un momento all’altro, a chi lo desideri, un’immagine poetica capziosa e adeguata al caso. In qualunque caso”) ma dentro la sintesi di Rompere le regole il leitmotiv conduttore è piuttosto la concezione che “il piacere è l’aspirazione più legittima dell’uomo. Nella vita umana il principio di realtà si erge contro il principio di piacere”. Una constatazione lapidaria, introduttiva a collocare dentro una cornice molto chiara una sorta di stringente e irrinunciabile filosofia, sorretta principalmente dalla convinzione che “ogni autentica rivoluzione culturale deve portare alla elaborazione di un nuovo stile”. È così che Rompere le regole confeziona e comprende un altro codice, nuovi modelli e una forma di pensiero irraggiungibile, che Dalí celebra in ogni singolo aforisma, più di tutti quello in cui dice: “L’arte della percezione ci offre la più grande polifonia formale e coloristica che mai si potesse sospettare nell’arte attraverso le vie dell’astrazione; questo solo fatto arricchisce generosamente le risorse alle quali l’artista può attingere”. Ricorda da vicino Marc Augé quando, pur con un attitudine molto più razionale, scriveva che “l’arte è in sé rivoluzionaria, vivificante e democratica, nella misura in cui, come il rito, offre a tutti e a ognuno l’occasione di vivere un inizio”. Con Dalí, anche nella versione compressa in Rompere le regole, si comincia alla grande.
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