Bastardi
propone una forma evoluta del noir, dove i protagonisti cercano di
ridurre le distanze tra una vita normale e quella criminale che
conducono. Se la logica rispetta i meccanismi del genere, e non
potrebbe essere diversamente, l’intreccio dei rapporti, soprattutto
tra uomini e donne, presuppone un’etica del lavoro, un lavoro che
non puoi lasciare fuori dalla porta perché è quello che è (non è
un lavoro), complicata dalla difficoltà di conoscere lingue e
linguaggi diversi e dalla realtà di una città dura e cupa. E’ il
motivo per cui Martin Sivok incontra Usman Kassar che lo introduce
nei meandri delle attività criminose di Glasgow, un terreno impervio
e ambiguo su cui vigila Nate Colgan, uno abituato da sempre ai
margini, all’oscurità e alla brutalità necessaria per
sopravviverci. Malcolm Mackay (originario delle isole Ebridi, classe
1981), già conosciuto con La
morte necessaria di Lewis Winter
ha la bussola che puntata sempre verso il giusto profilo dei suoi
personaggi, li tallona da vicino e non li perde mai di vista e La
dimensione più affascinante di Bastardi
è proprio la collocazione delle azioni di Martin Sivok e Usman
Kassar, rappresentanti “blue collar” del crimine, quindi a un
livello ancora più infimo, un aspetto che Malcolm Mackay ci tiene ad
approfondire: “Fin dal mio primo libro, ho quest’idea del crimine
che, sì, viene fatto per i soldi, ma sempre come se fosse un lavoro
normale, un’occupazione vera. Anche se oggi è difficile definire
cosa possa essere normale: qualsiasi cosa voglia dire, alla fine,
credo che le regole del mondo del crimine siano universali e valgano
anche a Glasgow. Conosco bene la città, anche se provengo dalle
isole, ha una reputazione difficile da smentire, ed è molto dura”.
Un posto dove è facile diventare bersagli, e dove l’amicizia tra
Martin e Usman contiene già tutti gli elementi di pericolo che
incombono sulle giornate “lavorative” dei Bastardi.
Il legame ambivalente tra i due si moltiplica con le rispettive
compagne, Joanne Mathie e Alison Glenn. Anche se le circostanze sono
“complicate”, Malcolm Mackay pone l’attenzione sui ripetuti
tentativi di crearsi una parvenza di vita famigliare, sottolineando
in continuazione l’idea che sia qualcosa di “normale” nelle
loro attività delinquenziali. Va da sé che il contrasto cresce
pagina dopo pagina, anche perché Bastardi
comincia già
con Martin imprigionato e destinato a qualcosa di molto, molto
spiacevole perché nel suo “normale” lavoro ha commesso un
errore, ha stretto la mano sbagliata o si è fidato di un “contatto”,
cosa che poi si scoprirà seguendo il lungo flashback su cui si snoda
il romanzo, che ha tutta una sua logica cinematografica. Forse Martin
avrebbe fatto bene ad ascoltare Usman quando gli aveva detto che “non
è un lavoro perfetto. Potremmo dover mollare la fottutissima storia
ancora prima che inizi”. Il rischio c’è sempre (“Ma è così
che funziona il business, giusto?”) e per essere dei veri Bastardi
bisogna dimenticarsi che, una volta usciti di casa per andare al
“lavoro”, la probabilità di non tornare più fa parte della
posta in gioco, anche se ci sono Alison o Joanne ad aspettarti. Un
romanzo da scoprire e uno scrittore da tenere d’occhio.
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