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David Thomson
Generation Kill è una serie della HBO che segue le gesta dei marines nella guerra in Iraq ed è molto efficace nella ricerca linguistica e nel modello delle immagini, tanto da rappresentare quasi una versione aumentata della realtà. Sarebbe stato interessante conoscere il parere di David Thomson a proposito, perché La fatale alleanza è un libro davvero scrupoloso che si addentra con grande coraggio e generosità nell’indagare “un secolo di guerre al cinema”. Un argomento difficile da seguire, spinoso, complesso e con cui confrontarsi perché “c’è qualcosa di naturale nella guerra. O che va oltre la ragione”, ed è qualcosa di cui ci sfugge ancora il senso, nonostante occupi il nostro immaginario. Non è soltanto il cinema, anche se dipendiamo da “un golpe cinematografico del combattimento” come lo chiama David Thomson, al punto che ormai “non possiamo fidarci al cento per cento di ciò che vediamo, perché la raffinatezza del cinema ha umiliato e ingannato le nostre tragedie”. Per arrivare a una conclusione così, è necessaria lunga dissertazione sugli effetti invasivi e pervasivi delle immagini belliche tenendo conto di un paio parametri insindacabili, ovvero considerando “il cinema nel suo complesso come luogo culturale, come pratica, linguaggio e modo di pensare” e, poi, che “la bellezza è una cosa complicata in un film”. Per cui “una fila di soldati eccitava Ėjzenštejn nello stesso modo in cui una giovane donna insolente eccitava Howard Hawks” e le reazioni ai primi venti minuti di Salvate il soldato Ryan o degli ultimi cinque di Black Hawk Down, per dire degli esempi più attendibili ed estremi, dipendono dal fatto che “le immagini reali continuano a essere divulgate, ma la nostra cultura è annoiata dalla loro facilità di fabbricazione”. Questo è un po’ il crinale su cui La fatale alleanza, e il titolo dice già tutto, rimane in equilibrio e, come spiega molto bene David Thomson, “è qui che risiede il grande fascino dei film e la loro capacità di rendere la guerra vivida ma lontana, eccitante ma libera da danni e morte”. È un lavoro enorme, da grande conoscitore delle strutture cinematografiche, ma anche espressione di una notevole sensibilità per farci capire che la guerra ci viene propinata come se fosse inevitabile, ed “è un vento che non soffia mai in una sola direzione” e quando diventa spettacolo implica diventare “complici, spettatori che giocano sporco guardando l’immediatezza da una distanza di sicurezza”. Davanti allo schermo succede qualcosa di più e La fatale alleanza è eccellente nel dimostrare, pellicola dopo pellicola, attore per attore, e assecondando la visione di ogni regista chiamato in causa, che “immaginare una guerra, o dieci minuti di battaglia, significa fare un enorme, immotivato salto di finzione. Ma adoriamo farlo”. Con le proprietà di una scrittura chiara, limpida, essenziale che riesce a dipanare concetti complessi con un tono spigliato, e a tratti condito persino da uno spiccato sense of humour (e non era facile viste le materie), La fatale alleanza ha una sua vastità: percorre in sostanza tutta la storia del cinema e arriva ai nostri giorni, però è estremamente scorrevole perché non c’è nulla di intellettualoide o di specializzato anche rispetto alla forma d’arte cinematografica. È una dissertazione molto appassionata nel suo svolgersi e anche precisa con parecchi temi che il lettore potrà approfondire a parte e tra questi tanti libri, romanzi e saggi e poesie, perché è necessario un background di spessore per comprendere come “ciò che rende la guerra un’esperienza culturale così impegnativa è l’instabilità nella quale cerchiamo di rimanere noi stessi”. Questi sono i veri danni collaterali che La fatale alleanza mette in evidenza, chiamandoci in causa: “Dover recitare la parte di semplici spettatori con l’ordine di restare fermi o calmi è umiliante, oltre a essere l’espressione di un ulteriore impoverimento della nostra possibilità di essere persone reali”. Un corto circuito che in un episodio di Generation Kill si manifesta apertamente, quando un gruppo di marines riprende il bombardamento di un villaggio inerme esclamando, in coro: “È dannatamente reale”. Bellissimo e importante, La fatale alleanza riesce a mettere a fuoco quel tragico abbaglio, che ormai viviamo ogni giorno.