lunedì 18 maggio 2020

Bram Stoker

Il vampiro è un nobile parassita e, a vederlo bene, Dracula sembra una specie di metafora fantastica dell’oppressione dinastica su un popolo inerme. Un’aristocrazia decaduta e perversa che prospera grazie al controllo dei miti e delle storie, ma che è dannata dalla sua stessa ingordigia. Forse è solo un riflesso, ma Dracula non si vede nello specchio. Per come si sviluppa la sua versione più conosciuta, Dracula lascia immaginare sotto il coagulo di mistero e leggenda, una metafora non del tutto improbabile, a ben pensarci. Il principe delle tenebre è l’espressione di un mondo ormai al tramonto, quello degli imperi e delle monarchie, che si nutre con avidità del sangue della plebe. Non è forse un caso che gli strenui avversari di Dracula appartengano a una borghesia giovane, colta, promettente e illuminata rappresentata prima di tutto da Jonathan Harker, che fa affidamento alla logica degli strumenti della cultura e della scienza per sconfiggere il subdolo nemico. La figura in cui si concentrano le risposte della razionalità (e nello stesso tempo delle conoscenze esoteriche) è Van Helsing che diventa un po’ il cardine attorno al quale ruota tutta la resistenza ai vampiri. Un ruolo che diventa evidente in un colloquio con il dottor Seward nella fase centrale del romanzo: “Voi non permettere a vostri occhi di vedere a vostre orecchie di udire, e tutto quanto è fuori di vostra vita quotidiana non riguarda voi. Non credete che sono cose che voi non potete capire e che tuttavia esistono? E che alcuni vedono cose che altri non possono? Ma esistono cose antiche e nuove che non possono essere contemplate da occhi di uomini solo perché essi conoscono o credono di conoscere cose che altri uomini hanno detto loro”. Il senso, a saldo dei limiti linguistici di Van Helsing, è chiaro: serve il coraggio di guardare nel buio e di non fermarsi all’osservazione di Mina Harker, che non ci capacita di come possa essere “tutto così barbaro e misterioso e strano”. Ha ragione anche lei, perché del resto Dracula è comunque l’anfitrione di un universo premoderno dove contano la forza fisica, i rituali e quegli istinti primordiali che, a sua volta, vengono risvegliati nei suoi avversari. La traversata in mare su una nave fantasma, l’arrivo in una Londra particolarmente labirintica rappresenta il momento cruciale per Dracula perché troverà nei meandri della città troverà più di un complice per perpetrare le sue nefandezze e per soddisfare la sua sete. Ma forse c’è qualcosa di più, ovvero l’idea di inseminare l’impero britannico e nutrirsene e, paradossalmente, salvarlo dal suo destino. Invece, il viaggio a ritroso verso la Transilvania, quando il predatore sta per diventare la preda, trasforma uomini di scienza e di finanza in cacciatori, ma la battaglia è soprattutto con il clima, l’atmosfera e l’oscurità in cui si manifesta tutta lo spirito animalesco che Dracula attira e condensa in sé. Il dottor Seward avverte che “l’opera che ci attende comporta una tremenda difficoltà, un pericolo ignoto”. In qualche modo, lottare con il vampiro comporta condividerne gli appetiti e le abitudini, compito che tocca a Mina Harker, poi, come dice ancora Van Helsing “il criminale lavora sempre a un unico delitto”, e diventa prevedibile, anche se è un essere potenzialmente immortale. La differenza, forse, è proprio qui: gli altri hanno un’arma segreta perché “è davvero meravigliosa la capacità di recupero della natura umana. Basta che una causa di ansia, quale che sia, venga rimossa in un modo o nell’altro, fosse anche dalla morte, ed eccoci tornare spontaneamente ai naturali principi della speranza”. È qualcosa a cui Dracula non può accedere ed è il suo tallone d’Achille: nella nefasta (non) esistenza che conduce, neanche la morte può dargli sollievo. L’elaborata e macchinosa costruzione di Bram Stoker tra epistolario, pagine di diario, messaggi e cronache quotidiane scompagina il racconto e contribuisce a formare un classico che attinge dal folklore, così come dalla scienza per diventare una storia capace di tramandarsi all’infinito. 

domenica 17 maggio 2020

Elvis Costello

Qualche anno fa, Elvis Costello, nel tentativo di variare un po’ il menù di un rock’n’roll show, si è inventato uno spettacolo di varietà, The Spinning Songbook, dove la scelta delle canzoni da suonare era dettata da una sorta di ruota della fortuna fatta girare dal pubblico. Le canzoni in elenco erano una più dell’altra, ma il caso aveva un ruolo ben più che decisivo. Lo stesso gioco si può applicare a Musica infedele & inchiostro simpatico, il suo voluminoso memoir dove si può capitare nel bel mezzo di un frenetico tour americano così come in un vicolo londinese ancora circondato dalle rovine della seconda guerra mondiale, in un fumoso pub a trattare con Chet Baker o in un condominio di New York a prendere un aperitivo con Tony Bennett. Il racconto è più generoso che eccessivo perché più ci si inoltra nella sua storia, si arriva a pensare che ogni dettaglio sia sia indispensabile. L’alternarsi dei ricordi dell’infanzia e della sua vita professionale è il meccanismo a orologeria che regola la narrazione che porta Elvis Costello a riscoprire tutte le diramazioni del suo albero genealogico e a sottolineare, di volta in volta, i passaggi fondamentali che l’hanno visto protagonista, fin da quando ha scoperto che “un sacco di musica pop è nata da gente che non riusciva a copiare il modello originale e che, per sbaglio, ha creato qualcosa di nuovo”. Elvis Costello, fin dal nome che si è scelto, è stato in prima fila in quella rivoluzione di dilettanti e rock’n’roll band in scatola di montaggio che all’epoca del suo esordio, My Aim Is True, stava riportando la musica dove deve stare, in mezzo alle strade. A proposito dei Sex Pistols e, per estensione, del punk dice che erano: “solo un gruppetto di ragazzacci che prendevano per il culo un pallone gonfiato, eppure ti avevano fatto credere che la civiltà fosse arrivata al capolinea”. Proprio così, anche se poi il tono è in genere accomodante e rispettoso perché se è vero che “ci sono cose che nemmeno la musica può sistemare”, è altrettanto probabile che Elvis Costello abbia imparato a sorvolare su argomenti del tutto relativi e ad arrotondare gli spigoli. Per esempio, non aggiunge altro alle polemiche suscitate dai libri di Bruce Thomas, già bassista degli Attractions, che era stato piuttosto diretto (diciamo così) nel raccontare le peripezie del gruppo e gli umori del suo leader. Elvis Costello pare avere superato le fasi combattive e conflittuali e ha soltanto parole gentili per il paio di mogli che si è lasciato alle spalle, anche perché mentre Musica infedele & inchiostro simpatico comincia ad addensarsi, le canzoni prendono il sopravvento. Il songwriting, le fonti di ispirazione, il certosino lavoro di ricerca, la passione per brani che hanno cambiato la storia della musica così come per ballate oscure e misconosciute, il furto esibito a regola d’arte perché Elvis Costello è l’esempio vivente di quell’assunto per cui l’artista giovane copia, quello maturo ruba, formano il flusso a cui si abbandona per una parte sostanziale di Musica infedele & inchiostro simpatico. L’inseguimento e gli incontri con i suoi eroi, la proposta di produrre un album di Dylan (quello che sarebbe poi stato Infidels), le collaborazioni con Solomon Burke, Allen Toussaint, T Bone Burnett, Burt Bacharach e Paul McCartney alla ricerca di quei titoli destinati a concorrere con quegli standard e quei classici che secondo sua maestà Elvis Costello sono “canzoni per lo spettacolo e il varietà dimenticate e poi salvate da una pila di spartiti grazie a grandi cantanti e maestri del jazz. Non esiste un mezzo migliore di un altro. Non c’è musica alta e musica bassa. La cosa bella è che non devi scegliere, puoi amarle tutte quante. Queste canzoni sono qui per aiutarti quando più ne hai bisogno. Puoi trovarle in qualunque momento, proprio come il rumore e la benedizione ogni volta che scendi a suonare in cantina”. La ruota di Musica infedele & inchiostro simpatico gira proprio così: un sacco di mestiere, molta passione, un po’ di fortuna e uno sterminato album di ricordi.