Attenzione alla civetta, e alle lucertole che guardinghe assistono agli scambi sensuali di uomini e donne, e a Senunu, la rondine che osserva dall’alto condividendo il cielo con i tappeti volanti fabbricati in Cina, compresi tutti i loro difetti e la loro personalità. Tutto un mondo (animale, vegetale e minerale) prende sembianze antropomorfe nel tragitto tra la valle di Abqar e Paravion, una città scoperta sul nome di una busta consegnata dal postino con il Solex, poco più di una bicicletta con un piccolo motore. Non è un caso: nel villaggio della Morea (che non dovrebbe essere molto lontana da Marocco) dove arriva, circondato da una nuvola di polvere, sono poveri e analfabeti, e vivono in una dimensione fantasmagorica di sogni, leggende e magie. Paravion è “un gioco di linee vibranti e colori sfumati” e gli uomini non resistono al desiderio e al fascino dell’incognito. Parte anche Baba Baluk, che lascia la moglie, Mamurra, incinta e accudita da Cheira e Heira, due streghe, gemelle siamesi, che (si scoprirà) trafficano cannabis in cambio di pesce. Lei morirà dando alla luce Baba Baluk junior, e il fanciullo “era taciturno, si spostava in silenzio, con un’eleganza ostinata, con la quiete di un bambino abituato ai desideri non esauditi”. Viene picchiato con regolarità dai suoi coetanei, perché è diverso, perché non c’è altro da fare, perché “i ragazzi sedevano annoiati ai loro banchi, le dita viola d’inchiostro, i quaderni pieni di macchie e tatuaggi. Non c’erano finestre nell’aula, ma sembrava che i loro occhi scrutassero fuori un paesaggio sfumato che offuscava la vista”, e ha ragione Hafid Bouazza quando dice che “qualcuno dovrebbe calcolare quanti litri di lacrime vengono versati durante l’infanzia”. Ma, nella valle di Abqar, Baba Baluk è rimasto l’unico uomo: è assediato dalle donne e cerca un modus vivendi, se non proprio un equilibrio che garantisca la fertilità e la prosperità, e le sorprese non sono finite. L’iniziazione al sesso, alla scoperta del corpo, e nello stesso tempo di una vita eterea che fluttua tra l’arrivo di un carro al villaggio, le visioni dell’hashish, storie e sortilegi, si dipana un romanzo psichedelico nel vero senso della parola, ovvero che comporta una viaggio mentale, di sicuro non lineare, ma conturbante. D’altra parte, a Paravion gli uomini trovano una città con insistenti richiami pubblicitari, dove tutto (anche l’amore) è in vendita. Vi restano imprigionati perché “chi trovava un’anima a Paravion, non poteva più far ritorno in patria per molto tempo”, dato che “nessun cuore può battere in due luoghi nello stesso momento”. La situazione è acida e delirante, dato che “a letto gli uomini scrutavano il soffitto, la carta della loro solitudine, e nel silenzio della loro oscurità lanciavano grida come folli spiriti tormentati nella cella di isolamento di un manicomio”. E così a Paravion, “la vita scorreva senza che loro potessero in qualche modo influenzarla, le cose andavano diversamente da come loro avrebbero desiderato”. Hafid Bouazza non è il primo ad aver scoperto cosa c’è dietro l’illusione urbana, e il disorientamento dell’emigrazione. Anche Tahar Ben Jelloun ha scritto, a suo tempo: “E poi la città e il cielo si sono scomposti, il sogno spezzato colava la sua pena nei vicoli deserti”. Ecco, Paravion si realizza nei contrasti, fortissimi e luminosi, con le persone che “sembrano passare di dimensione in dimensione”, tra la distanza che separa la città dalla valle e gli uomini dalle donne, tanto che Hafid Bouazza, non senza una certa ironia, scrive che “era bizzarra, questa scena di umana seduzione e beffe animalesche. Impregnata di una voluttà irrefrenabile”. È proprio così e, anche se poi “il sogno era disturbato a tratti, la realtà si imponeva e poi spariva, si manifestava e poi ne era inghiottita”, in Paravion uomini e donne, flora e fauna e persino i ruscelli e le pietre popolano uno splendido miraggio, labirintico e ammaliante.
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