Una serie di omicidi sullo sfondo di Tel Aviv. Stop. Tutte donne, vite preziose. Stop. Unico indizio: erano legate da un’antica amicizia, risalente ai tempi dell’università. Stop. È l’unica traccia e la più importante: la forma del thriller pare avere il duplice scopo di assecondare una trama più complessa che ha nel suo obiettivo la maternità, o meglio la decisione di non voler diventare madre a tutti i costi. Le altre vogliono essere diverse, a partire dal ruolo riproduttivo assegnato alle donne (in pratica, imposto), e il carattere perentorio della loro scelta lo si intuisce già dal titolo, che condensa le storie di un gruppo di studentesse di teologia che si erano ripromesse di difendere fino all’estremo la propria libertà, e il proprio corpo. Coltivavano in parallelo un’aderenza alle “donne bibliche che non hanno mai avuto figli”, come in cerca di fondamenta culturali per un patto in apparenza come tanti che si stringono in gioventù, ma che poi sono destinati a sfumare, il più delle volte. Sarebbe stato anche il destino che Le altre avrebbero incontrato, prima o poi, se solo ne avessero avuto la possibilità perché un serial killer le sta massacrando una alla volta, profanandole con rituali stregoneschi. Sheila Heller, una delle più convinte e ferventi tra Le altre, contiene agli occhi degli investigatori (non particolarmente brillanti, bisogna dirlo) tutti gli elementi per essere considerata il prossimo bersaglio, ma anche una serie di note stridenti che potrebbero associarla all’identikit del carnefice. È in una zona grigia dove può succedere di tutto e non fa nulla per impedirlo, anzi, sembra assecondare i suoi interlocutori quasi per inerzia e si ritrova proiettata indietro nel tempo, riscoprendo una volta di più che “il passato tornerà sempre a tormentarci, anche se quello che mi ha appena tirato un colpo in faccia è il futuro”. Tra un estremo temporale e l’altro, comunque sia, “giunge un momento nella vita di una donna in cui l’approssimazione è il miglior alleato” e per Sheila Heller è l’occasione di muoversi a sua volta concedendosi l’opportunità di scegliere, se non altro. Attorno a lei si moltiplicano ombre il più delle volte inoffensive (“Quel che c’è di bello nell’amicizia è che gli amici non devono per forza dirsi tutto, specialmente non la verità, che in genere è brutta e offensiva”), spesso titubanti e maldestre (in particolare le componenti maschili che sembrano quasi tangenti alle “altre”), ogni volta portatrici di perturbazioni e minuscole rivelazioni che conducono Sheila e tutti noi a ripeterci che siamo solo “la somma di ricordi ed esperienze, e nel momento stesso in cui siamo portati a riprendere in considerazione informazioni importanti che giacciono incontestate nelle profondità della coscienza, il nostro corpo, tutto il nostro essere, deve riallinearsi di conseguenza”. Su questi tratti in chiaroscuro, Sarah Blau costruisce tutta la trama, che è una falsa pista adatta a prendere per mano il lettore verso uno snodo più cruciale, cioè il ruolo definitivo della donna nella consapevolezza di una decisione capitale, quella di diventare madre, oppure no. Senza dubbio, Le altre ruota attorno a quel cardine, ma in un angolo, ancora più intimo, c’è la sensazione che si sia qualcosa di sfuggente nelle nostre scelte che non riusciamo a controllare se non per fortuna, o per caso. Stop.
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