mercoledì 10 gennaio 2018

Malcolm Mackay

Bastardi propone una forma evoluta del noir, dove i protagonisti cercano di ridurre le distanze tra una vita normale e quella criminale che conducono. Se la logica rispetta i meccanismi del genere, e non potrebbe essere diversamente, l’intreccio dei rapporti, soprattutto tra uomini e donne, presuppone un’etica del lavoro, un lavoro che non puoi lasciare fuori dalla porta perché è quello che è (non è un lavoro), complicata dalla difficoltà di conoscere lingue e linguaggi diversi e dalla realtà di una città dura e cupa. E’ il motivo per cui Martin Sivok incontra Usman Kassar che lo introduce nei meandri delle attività criminose di Glasgow, un terreno impervio e ambiguo su cui vigila Nate Colgan, uno abituato da sempre ai margini, all’oscurità e alla brutalità necessaria per sopravviverci. Malcolm Mackay (originario delle isole Ebridi, classe 1981), già conosciuto con La morte necessaria di Lewis Winter ha la bussola che puntata sempre verso il giusto profilo dei suoi personaggi, li tallona da vicino e non li perde mai di vista e La dimensione più affascinante di Bastardi è proprio la collocazione delle azioni di Martin Sivok e Usman Kassar, rappresentanti “blue collar” del crimine, quindi a un livello ancora più infimo, un aspetto che Malcolm Mackay ci tiene ad approfondire: “Fin dal mio primo libro, ho quest’idea del crimine che, sì, viene fatto per i soldi, ma sempre come se fosse un lavoro normale, un’occupazione vera. Anche se oggi è difficile definire cosa possa essere normale: qualsiasi cosa voglia dire, alla fine, credo che le regole del mondo del crimine siano universali e valgano anche a Glasgow. Conosco bene la città, anche se provengo dalle isole, ha una reputazione difficile da smentire, ed è molto dura”. Un posto dove è facile diventare bersagli, e dove l’amicizia tra Martin e Usman contiene già tutti gli elementi di pericolo che incombono sulle giornate “lavorative” dei Bastardi. Il legame ambivalente tra i due si moltiplica con le rispettive compagne, Joanne Mathie e Alison Glenn. Anche se le circostanze sono “complicate”, Malcolm Mackay pone l’attenzione sui ripetuti tentativi di crearsi una parvenza di vita famigliare, sottolineando in continuazione l’idea che sia qualcosa di “normale” nelle loro attività delinquenziali. Va da sé che il contrasto cresce pagina dopo pagina, anche perché Bastardi comincia già con Martin imprigionato e destinato a qualcosa di molto, molto spiacevole perché nel suo “normale” lavoro ha commesso un errore, ha stretto la mano sbagliata o si è fidato di un “contatto”, cosa che poi si scoprirà seguendo il lungo flashback su cui si snoda il romanzo, che ha tutta una sua logica cinematografica. Forse Martin avrebbe fatto bene ad ascoltare Usman quando gli aveva detto che “non è un lavoro perfetto. Potremmo dover mollare la fottutissima storia ancora prima che inizi”. Il rischio c’è sempre (“Ma è così che funziona il business, giusto?”) e per essere dei veri Bastardi bisogna dimenticarsi che, una volta usciti di casa per andare al “lavoro”, la probabilità di non tornare più fa parte della posta in gioco, anche se ci sono Alison o Joanne ad aspettarti. Un romanzo da scoprire e uno scrittore da tenere d’occhio.

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