Anche in questa antologia di articoli dal titolo altisonante, ma non fuori luogo, Ballard si conferma lucidissimo, puntuale e, il più delle volte, profetico. Spesso si tratta di recensioni di libri o film che usa come trampolino per le sue digressioni che sono sempre acute, sia che si tratti di discutere dei diari di Andy Warhol, delle luci e delle ombre di Edward Hopper, dell’immaginario di Dalì o di Guerre stellari. In Fine millennio: istruzioni per l’uso il rapporto con la fantascienza è una costante che riemerge con regolarità e non soltanto per i trascorsi di Ballard, ma proprio perché la considera esplicitamente “l’ultima forma letteraria prima della morte della parola scritta e del definitivo dominio dell’immagine. La fantascienza è stata una delle poche forme di narrativa moderna che abbia esplicitamente affrontato il tema del cambiamento (dal punto di vista sociale, tecnologico e ambientale), e non c’è dubbio che sia stata la sola narrativa a inventare miti, sogni e utopie sociali”. Ridisegnare “il tempo, lo spazio e l’identità” è forse il collegamento sotterraneo che unisce tutti i saggi qui raccolti anche nell’estrema eterogeneità dei temi, che comprendono anche ritratti di Nancy Reagan e consorte (imperdibili), Einstein e Freud, Walt Disney e la Coca-Cola, scampoli di autobiografia “da Shangai a Shepperton”. Le divagazioni sono in cima all’ordine del giorno perché, come dice Ballard, quasi per scusarsi, “gli scrittori, è ovvio possono far danzare quanti angeli vogliono sulla capocchia di uno spillo, e tirar fuori un intero universo da un guscio di noce o da una sola stanza”. Tra gli esempi a cui si dedica scorrono Francis Scott Fitzgerald, Henry Miller e Williams Burroughs con cui si ritorna, inevitabilmente alla fantascienza ricordando “le sue estrapolazioni, anche le più incredibili, sono sempre messe alla prova in un quadro emotivo o umano di qualche genere”. Da lì si intrecciano le previsioni di Ballard che, già riflettendo sull’incidenza dell’automobile sulle nostre vite, rivelava un raro sguardo capace di andare oltre l’immediato e di prefigurare con decenni di anticipo “la trasformazione della realtà in uno studio televisivo, nel quale potremo interpretare a un tempo il ruolo di pubblico, di produttore e di star”. Facoltà di preveggenza così precise non sono innate o fortuite, anzi, secondo Ballard “ci sono ragioni per credere che la nostra comprensione del futuro sia strettamente associata con le origini della parola, e che la ricostruzione immaginaria degli eventi necessaria per farci riconoscere il passato sia anch’essa legata all’invenzione del linguaggio” e che, di conseguenza, “il futuro fornisce una chiave per il presente migliore di quella che offre il passato”. Fedele alla sua vocazione apocalittica Fine millennio: istruzioni per l’uso trova proprio in quell’intersezione temporale, e nell’imminenza del fatidico 2000, tutta una gamma di valutazioni e così le riassume ad uso e consumo dei posteri: “Un inferno valido è un inferno che contempli una possibilità di redenzione, anche se questa non viene poi attinta, insomma le prigioni di un’architettura della grazia le cui guglie puntino a un paradiso di qualche tipo. Ma gli inferni istituzionali del nostro secolo si arriva con biglietti di sola andata, timbrati Nagasaki e Buchenwald, mondi di orrore terminale ancora più definitivi della tomba”. Non manca anche l’augurio di Ballard, che merita di essere riscoperto e riletto spesso: “Vorrei vedere più idee psicoletterarie, più concetti metabiologici e metachimici, più sistemi temporali individuali, più psicologie e spazi-tempi sintetici, più semimondi cupi come quelli che affiorano nei dipinti degli schizofrenici, insomma una poesia speculativa completa, una fantasia della scienza”. Un futuro tutto da scrivere.
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