Sollecitato dal ricordo di un vecchio compagno di scuola, il protagonista che narra le vicissitudini e le avventure verso L’altra parte, convince la moglie ad accettare l’invito a traslocare da Monaco al Regno del Sogno, un luogo dove “c’è tutto ciò che occorre”, retto dalla convinzione che “non c’è nulla che valga più di una vita semplice e ordinata”. Il viaggio attraverso la Germania porta verso una sorta di città-stato, costruita per isolarsi dal resto del mondo, popolata da “una quantità di persone cui un tenebroso destino aveva conferito un’impronta singolare”. All’inizio è tutto facile, nonostante Perla sia “un’unità inafferrabile”, colma di stranezze, al punto che nella sua quotidianità“ci si abituava talmente alle cose più inverosimili, che si finiva per non accorgersene più” e, di conseguenza, “se si aveva il proprio posticino ben riparato, ci si arrendeva rassegnati al nuovo destino”. Non è molto, rispetto all’illusione iniziale: nel Regno del Sogno, dove tutto è opaco, “le notti erano soffuse da una strana luce crepuscolare che offuscava ogni cosa”, ma questa sensazione di indeterminatezza è continua e palpabile, persino nell’atmosfera “c’era sempre quella sostanza indefinibile, la si fiutava e si finiva per sentirla con tutto il corpo. Di giorno nessuno ammetteva di aver visto qualcosa, la città era come al solito morta, vuota, inerte”. La scoperta si fa angosciante: ben lungi dall’essere un’area vitale, men che meno l’ideale “rifugio per gli insoddisfatti della civiltà moderna”, L’altra parte sperimentata di persona, così come è narrata da Alfred Kubin, è cupa e fluttuante: è una dimensione parallela composta da un misterioso intersecarsi di condizioni e posizioni sfuggenti, prima tra tutti quella impersonata dal fondatore, padre e sovrano indiscusso. Claus Patera è una figura mefistofelica, nella dimensione del Regno del Sogno, che coincide in gran parte con la sua personalità oscura e ambigua. Quando irrompe l’avventuriero americano, Hercules Bell, la costituzione di Perla si rivela fragile e vacua e il suo equilibrio è destinato ad andare in frantumi. Una catastrofe apocalittica e il protagonista si ritrova prigioniero dei sogni, mentre Perla è sprofondata in un abisso da incubo, fatto di guerra e distruzione. La “disgregazione” del Regno del Sogno è un effetto potente che trasporta il romanzo dritto nel caso. Un’epidemia di sonnolenza, la guerra tra Bell, spinto da quello che viene chiamato “l’audace spirito di iniziativa dell’America” e Patera, ormai interprete unico della decadenza della propria creatura, conduce Perla alla dissoluzione al punto che viene travolta da un’invasione degli animali, e da lì in poi da un turbine di presagi, presentimenti e simbolismi che rendono i resti del Regno del sogno via via più criptici e turbolenti, per lunghi tratti claustrofobici e opprimenti. Scritto in modo febbrile, visionario e senza dubbio profetico, L’altra parte di Alfred Kubin anticipa molti temi kafkiani, con una scrittura istintiva, densa di riferimenti mitteleuropei e con lo stile proprio dell’outsider, ma in prospettiva è inevitabile riflettere sulle sue percezioni apocalittiche all’inizio del ventesimo secolo, che poi si riveleranno in tutta la loro atroce realtà.
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