È raro trovare un’analisi storica e critica che sappia collocare un personaggio la cui vita è di dominio pubblico in un contesto al di là dei luoghi comuni, dei successi o dei fallimenti, delle chiacchiere o delle ricostruzioni su misura. Paul Carr in Ritorno ai cieli del nord sceglie un soggetto, Sting, per “un senso di appartenenza” che lega entrambi alla realtà di Newcastle. Ottemperando al sottotitolo, ripercorre anche la carriera musicale, Dai Last Exit a The Last Ship, ma è una parte (fondamentale, certo) della “la costruzione di un’identità” e di un personaggio che, nonostante le facili ironie che si porta dietro, mantiene intatti i conflitti e di conseguenza “il complesso rapporto dell’artista con la sua città natale” e con le sue radici proletarie. Diceva Sting nel 1981: “Newcastle è un posto di merda, è una baraccopoli della rivoluzione industriale, e quando hanno abbattuto le vecchie baracche ne hanno costruito di nuove”. La casa dove è cresciuto Sting, racconta lo storico Ken Hutchinson, “aveva due porte adiacenti sulla facciata che conducevano a due appartamenti separati in orizzontale, uno al pianterreno e uno al primo piano. Anche il giardino sul retro era diviso in due, ma in verticale, con due cancelli che si aprivano sul viottolo. In fondo al giardino c’erano i servizi esterni per ogni appartamento”. Si trovava a Newcastle, nella zona di Wallsend, nei pressi di quel cantiere navale Swan Hunter, a cui è ispirato il musical (non un grande successo) The Last Ship, e che “ha dato lavoro per oltre un secolo, dal 1880 al 2006, a innumerevoli generazioni di famiglie nell’area di Wallsend. Al suo apice la compagnia, una delle più grandi al mondo, aveva costruito oltre milleseicento fra petroliere, rompighiaccio, cacciatorpediniere, sottomarini, cargo-liner e chiatte. La prossimità del cantiere navale di case come quelle in Gerald Street faceva sì che gli operai potessero abitare vicino al luogo in cui le navi venivano costruite e varate e riempissero ogni giorno le strade verso il fiume”. Il ricordo di Sting in Broken Music, la sua autobiografia è nitido: “Ogni mattina alle sette in punto suonava la sirena, un triste lamento che chiamava i lavoratori al fiume, e centinaia di uomini sfilavano giù per la nostra strada con le loro tute da lavoro, i caschi e gli stivali. Tranne quelli che estraevano il carbone in miniera e quelli che fabbricavano le funi, sembrava che tutti a Wallsend lavorassero per la Swan Hunter”. L’accenno all’attività estrattiva è poi spiegato da Paul Carr nel dettaglio visto che “come la costruzione delle navi, anche l’estrazione del carbone era un mestiere pericoloso e spesso intergenerazionale: non di rado parecchi membri della stessa famiglia lavoravano insieme, di norma in condizioni difficili”. Non è una coincidenza che, proprio quando la carriera di Sting cominciava ad assumere dimensioni internazionali e connotazioni cosmopolite, con The Dream Of The Blue Turtles, appare una delle canzoni più legate alle sue radici, We Work The Black Seam. Spiegava Sting: “La regione in cui sono cresciuto è letteralmente costruita sul carbone. Ci sono ancora trecento anni di riserve di carbone lì sotto, eppure stanno chiudendo tutte le miniere”. Siamo all’apice del regno di Margaret Thatcher e lo scontro con i minatori resterà un abisso profondo, tanto è vero che un verso di We Work The Black Seam dice “l’universo mi risucchierà sul posto”. Quasi un presagio perché, nonostante la tenuta nel Chiantishire o il sontuoso appartamento con vista su Central Park, Sting ha sviluppato, parole sue, “un’ossessione per la mia città e la sua storia, immagini di navi e del mare, la mia infanzia all’ombra dei cantieri navali”, poi in gran parte confluite in The Soul Cages. Una contraddizione che non è sfuggita nemmeno allo stesso Sting: “C’è dell’ironia nel fatto che il paesaggio dal quale mi ero sforzato in ogni modo di fuggire e la comunità che avevo più o meno abbandonato e dalla quale mi ero esiliato hanno finito per essere lo stesso paesaggio e la stessa comunità a cui ho dovuto fare ritorno per ritrovare la mia musa perduta”. Pur accostandosi con garbo e tatto, Paul Carr non nasconde nulla, dalla traballante famiglia alle lunghe “working week” prima dei Police, ma l’epicentro è ancora lì, sotto i cieli della provincia del nord, tra le navi e le miniere, dove, alla fine, Sting si è ritrovato con tutti i suoi fantasmi.
Nessun commento:
Posta un commento