La selezione complessiva delle liriche raccolte in Amore a prima vista, un’ampia panoramica che va dal 1954 al 2001, è fedele all’idea di Wisława Szymborska per cui nella poesia “la naturalezza è indispensabile”. Una spontaneità non banale, che nasce e viene sostenuta dai momenti riflessivi e che si traduce seguendo forme, intuizioni e modelli scelti, come li ha elencati per lei Jerzy Kwiatkowski, tra “i più intimi, i più semplici legami tra gli uomini, l’erotismo e l’amore domestico, l’album con le fotografie di famiglia, una scenetta alla stazione, una gita all’estero, problemi politici di attualità… Il circo, una visita all’ospedale, un po’ di scienza e cultura… Un quadro, una divertente relazione sulla scrittura di una poesia”. I dettagli vengono cesellati parola per parola, accentuando i contrasti, seguendo un’ispirazione che “è sempre necessaria” e partendo con una scossa tutta istintiva. L’inizio, dice Wisława Szymborska, è che “a un certo punto senti un ritmo”, e da lì in poi bisogna assecondarlo perché “ogni evento può essere spremuto, concentrato in una poesia. Ogni fatto contiene in sé una carica che la poesia è pronta e in grado di raccogliere”. Nello specifico, l’amore, che è qui al centro dell’attenzione, viene collocato lungo coordinate spaziali e temporali, con riferimenti spiccioli alle costruzioni liriche attraverso forme naturali: gli alberi (succede in Notorietà: “E gli alberi? Qual è il significato del loro incessante bisbigliare? Dici: il vento forse ne è informato. Ma di noi come ha potuto sapere?”), i fiori, le onde, ma è nel discorso diretto, da amante ad amato, e viceversa, che la sua poesia si esprime con tutta la una musicalità costante e aggraziata: succede in Innamorati (“Ma addormentandoci, in sogno vediamo l’addio. Però è un buon sogno, però è un buon sogno, perché c’è il risveglio”), nel paradosso di Nulla due volte (“Cercheremo un’armonia, sorridenti, fra le braccia, anche se siamo diversi, come due gocce d’acqua”), con Notorietà (“Io non ho intuito, né tu hai indovinato che i cuori splendono nell’oscurità”) e persino nelle dimensioni oniriche dell’omaggio a Shakespeare in Sogno di una notte di mezza estate (“Guardiamo in noi a occhi chiusi. Parliamo con noi a bocca chiusa. Prendiamoci attraverso un muro”) e Sogno (“Ci veniamo incontro. Non so se in lacrime, non so se sorridendo. Un solo passo ancora e ascolteremo insieme la tua conchiglia, quale fruscio di mille orchestre c’è, quale marcia nuziale c’è, la nostra”). Gli spigoli restano intatti: per quanto armoniosa la poesia di Wisława Szymborska non è mai accomodante e/o consolatoria e l’Amore a prima vista, sparge l’inquietudine di Senza titolo (“Se almeno ci fosse qualcuno sulla porta, se qualcosa, per un attimo, apparisse, sparisse, lieto, triste, da ovunque venisse, fonte di riso o timore, che importa. Ma non accadrà nulla. Nessuna improvvisa inverosimiglianza. Come in un dramma borghese, questo sarà un lasciarsi del tutto regolare, neanche un apriti cielo per solennizzare”), la malinconia di Il gatto in un appartamento vuoto (“Qualcosa qui non comincia, alla sua solita ora. Qualcosa qui non accade, come dovrebbe. Qui c’era qualcuno, c’era, poi d’un tratto è scomparso e si ostina a non esserci”) per concludere con l’ironia pungente degli interrogativi di Un amore felice: “Un amore felice. È normale? È serio? È utile? Che se ne fa il mondo di due esseri che non vedono il mondo?”. La questione è destinata a rimanere irrisolta, come tante, e Wisława Szymborska con quell’incognita ha saputo convivere, dato che, nel discorso di accettazione del premio Nobel, ricordava come alla fine il poeta si libera “di tutti quei mantelli, orpelli e altri accessori poetici” e resta “in silenzio, in attesa di se stesso, davanti a un foglio di carta ancora non scritto. Perché, a dire il vero, solo questo conta”. L’amore, e una pagina bianca, niente di meno, niente di più.
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