domenica 5 novembre 2017

Ian McEwan

C’è una scena, all’inizio, un po’ surreale: una mongolfiera in difficoltà, un gruppo di uomini coinvolti all’improvviso dalla casualità e nello stesso destino, lo sfondo bucolico della campagna inglese. Sembra “l’avanzo di un ricordo”: la mongolfiera è simbolo di una certa leggerezza e un dei protagonisti si accorge che “come il personaggio di un sogno vivevo al tempo stesso in prima e in terza persona. Agivo, e mi vedevo agire. Avevo dei pensieri, e li vedevo su di uno schermo. E come in un sogno, le mie reazioni emotive erano inesistenti o inadeguate”. Nel movimento corale una domanda rimane sospesa nell’aria, proprio come la mongolfiera: “Verso che cosa stavamo correndo? Credo che nessuno di noi lo saprà mai fino in fondo”. Nell’incipit, Ian McEwan sfoggia uno dei suoi migliori esercizi di stile e costruisce il momento con precisione geometrica, rivisitandolo da più angolazioni e senza trascurare il minimo dettaglio, sapendo che “viviamo avvolti dentro una nebbia percettiva in parte condivisa, ma inaffidabile, e i nostri dati sensoriali ci arrivano distorti dal prisma di desideri e convinzioni che alterano persino i ricordi”. E’ in uno di quei particolari che, affiorando nitidi, scatenano il motivo di fondo che anima L’amore fatale: Joe Rose si ritrova ad essere l’oggetto del desiderio di Jed Parry, un allucinato di primissima categoria, la cui mente è offuscata una patologia erotica che associa religione e amore. Ne segue una vera e propria persecuzione che mette in dubbio la vita stessa di Joe Rose (giornalista scientifico con non poche contraddizioni nascoste) e della compagna, Clarissa, fino al convulso finale, non privo di colpi scena (appendici comprese). Qualcuno ha voluto vedere in L’amore fatale una testimonianza delle nevrosi spirituali moderne, a partire dalla new age, ma niente di tutto ciò ha una ragione d’essere perché l’acqua in cui galleggia Ian McEwan è quella delle nostre ossessioni quotidiane, delle paure e delle idiosincrasie di tutti i giorni, che in sintesi sono riassunte così: “L’oggettività spietata, specie riguardo a noi stessi, è sempre stata una strategia sociale funesta. Discendiamo da una stirpe di spacciatori di mezze verità i quali per convincere gli altri, escogitarono l’espediente di persuadere se stessi. Nel corso delle generazioni, il successo ci ha selezionato lasciandoci inciso nei geni, però, il solco profondo del nostro peggiore difetto: se qualcosa non risponde ai nostri difetti siamo portati a negarne l’esistenza. Credere coincide col vedere”. Ian McEwan legge L’amore fatale, più che scriverlo, lo dipana con grande maestria, come se il romanzo fosse già esistito in origine, non frutto di un’elaborazione. L’unico calcolo di Ian McEwan riguarda la prospettiva, il punto di vista, come se il lettore dovesse vedere più che leggere, di conseguenza è consentita una partecipazione a distanza, anche se Ian McEwan non trascura nulla e non lascia niente al caso. Per certi versi, L’amore fatale è opposto e strettamente complementare a L’informazione di Martin Amis: entrambi colgono, da prospettive differenti, alcune delle inquietudini più significative dei nostri tempi, con uno stile letterario destinato ad assumersi, come scriverebbe John Keats, un’ombra di grandezza. L’autore dell’Hyperion non è estraneo a L’amore fatale perché oltre ad essere al centro degli studi di Clarissa (professione: docente universitario) viene regolarmente citato nei tratti salienti del romanzo, come se fosse una chiave di volta per l’interpretazione delle intuizioni di Ian McEwan. Un verso dell’Hyperion stesso sembra dare un’indicazione molto interessante in merito: “Il poeta e il sognatore sono distinti, diversi, meri opposti, antipodi. L’uno riversa un balsamo sul mondo, l’altro lo inquieta”. A Ian McEwan, quale che sia la categoria di appartenenza, per inquietare il mondo basta osservarlo e descriverlo minuziosamente, con precisione matematica, con uno stile che ha pochi eguali tra i suoi contemporanei e con quelle intuizioni pazzesche che rendono grande e unico un libro come L’amore fatale

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