Cocaine
Nights è un romanzo importante e, per certi versi
indispensabile, perché è l’unico, negli ultimi anni, ad esplorare
in modo così esplicito ed incisivo il nostro futuro. La fantascienza
non c’entra nulla: anche se non si sono indicazioni specifiche,
Cocaine Nights è proiettato in un tempo che vede l’oggi
come passato prossimo e in un luogo, la spagnola Costa del Sol, che
per la sua vicinanza a Gibilterra, vale soprattutto quale paesaggio
metaforico, un’ambigua zona di confine. L’atmosfera generale, la
zuppa in cui J. G. Ballard intinge le sue intuizioni, è quella di
una comunità che dispone di quantità illimitate di tempo libero,
prospettiva che più di un sociologo si sentirebbe di controfirmare:
la televisione non è più sufficiente, la noia è sempre in agguato,
la voglia di vivere (e quindi: di consumare) potrebbe venir meno con
danni irrimediabili all’industria dell’intrattenimento, del
turismo, dello spettacolo, della pubblicità. Non ci sono in gioco
soltanto incalcolabili interessi economici, ma anche tutta la
complessa rete di rapporti, valori, tradizioni e convenzioni,
idiosincrasie e contraddizioni che fin qui hanno retto quelle
strutture (politiche, industriali, commerciali) che nessuna
rivoluzione è riuscita né a capire né, di conseguenza, a
rovesciare. Nelle propaggini di Cocaine Nights J. G. Ballard
scopre una sorta di accelerazione di questa decadenza, un impulso
all’autodistruzione per tedio che ha nella bucolica enclave di
villaggi turistici e campi da tennis,della Costa del Sol ha il suo
humus ideale. La risposta, per mantenere lo status quo, è
paradossale, ma comprensibile: trasgressione. Sesso, droga, soldi
sono gli stimoli adatti e cominciano a incuriosire sempre di più la
popolazione della Costa del Sol mentre le inevitabili
controindicazioni (microdelinquenza, tossicodipendenza, truffe e
derivati) diventano altrettante fonti di guadagno: sistemi di
sorveglianza, cliniche private, casinò, riciclo di denaro. Cocaine
Nights è molto lucido nel rivelare una perversa idea di
ingegneria sociale: il suo caos stratificato, il suo progettare una
vitalità con l’ambiguo supporto di vandalismi, furti, danni e
aggressioni, cresce dove “il crimine e la creatività vanno di pari
passo, e l’hanno sempre fatto. Maggior è il senso del crimine,
maggiore è la coscienza civica e più ricca la civiltà. Non c’è
nient’altro che faccia da collante in una comunità”. Una
percezione confermata altrimenti anche da Don DeLillo: “Considero
la violenza contemporanea una specie di risposta sardonica alla
promessa di appagamento consumistico. Uomini che non possono uscire
dalle loro minuscole stanze e devono organizzare la loro disperazione
e la loro solitudine, devono cercare un destino per disperazione e
solitudine e spesso finiscono per farlo con mezzi violenti. Vedo
questa disperazione nei pacchetti dai colori sgargianti e nella
felicità del consumatore e in tutte le promesse che la vita del
consumo ci fa giorno per giorno e minuto per minuto ovunque andiamo”.
Capace di trasformare un’esile trama noir in un’acuta
osservazione del presente, dove tra crimine e vittime le distanze si
sono affievolite, con Cocaine Nights J. G. Ballard tocca molti
nervi scoperti e, fin dall’incipit (strepitoso) ricorda che quella
frontiera l’abbiamo passata tanto tempo fa.
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