David,
dirigente d’azienda nel Mozambico rivoluzionario, sente che il suo
posto è a rischio e ricorre alla magia per preservarlo, sapendo che
“nessuno sale in alto con la carità” e che “il potere obbliga
l’uomo a scendere nel sudiciume più profondo”. Gli avvisi di
indovini e fattucchiere che consulta non servono a frenare la
maniacale ambizione di David che, innescando una serie di eventi
incontrollabili, lo condurrà lui e la sua famiglia, a partire dalla
moglie Vera, a scoprire il proprio destino. Magia bianca e nera,
conflitti sociali e guerre civili: Paulina Chiziane sviluppa
circostanze di un’intensità inusitata senza nascondere le proprie
sensazioni, i propri giudizi (“Lo spargimento di sangue è
premeditato, pianificato, con un’intenzione benefica e un nobile
progetto. Le vite sono capelli, dicono i guerrieri. Se ne tagliano
pochi e ne nascono molti, più forti e più sani. Ci sono ogni giorno
meno scuole, meno lavoro, meno pioggia, più fuoco, più sole, più
armi. Ci sono più morti che vivi, ma ancora non è arrivata la fine
del mondo, la vita trionferà, per la gloria del vincitore. Il
campione di questa guerra costruirà il maestoso palazzo imperiale
con ossa umane come se ne vanno in giro a tonnellate nei boschi”) e
imprimendo alla trama, alla storia un ritmo travolgente. Anche i
personaggi, a partire dal protagonista, David, sono combattuti e ben
definiti (“Ogni vincitore viene vinto dai suoi crimini. La terra
non sarà mai proprietà degli uomini”) con una percezione che è
sempre provocazione, come fa notare Lourenço: “Sono un eroe. Agli
eroi è permesso uccidere in nome di qualsiasi utopia: democrazia,
libertà, indipendenza. Io non ho ucciso nessuno, ho rubato nel nome
di una realtà molto concreta. Le mie tasche. Sono di gran lunga il
più santo degli eroi. Ho le mani pulite. Sono la persona più
innocente di questo mondo”. La storia,
sospesa tra un’intricato trama di tradizioni e magia e un acuto
realismo, è avvincente. Paulina Chiziane sembra condensare con Il
settimo giuramento secoli e secoli di
tradizioni africane, ma anche l’influsso delle culture europee,
imposizioni coloniali e rivoluzioni comprese. La composizione
potrebbe sembrare ardita e caotica, solo che la voce di Paulina
Chiziane è forte, senza remore, rende alla perfezione le motivazioni
che portano David verso Il settimo giuramento
e le sue inevitabili conseguenze: “Morale vuol dire essere deboli,
piccoli, inferiori. Immorale vuol dire odiare, rompere gli equilibri.
Risvegliare. Far vibrare. Vivere. Vuol dire fare la guerra. Vincere
la guerra. Vuol dire trasformare i più deboli in polvere e nulla.
Senza odio né tirannia non sarebbero state costruite le piramidi
d’Egitto, né le strade, né i ponti, né le ferrovie, né i
monasteri, e anche l’America non si sarebbe sviluppata a costo del
sudore dei neri. Le trasformazioni hanno bisogno di un movimento,
figlio dell’odio”. L’adesione che Il
settimo giuramento richiede è quella. Il
prezzo da pagare va scoperto in fondo a un romanzo intenso e
suggestivo, a tratti crudele e spietato, sempre sorprendente.
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