Per quanto rigoroso e attinente alla trama, il titolo è fuorviante. Un ispettore delle fogne ha una vita necessariamente underground, nel senso letterale del termine. Tutto quello che succede sopra è relativo. Vive nei rifiuti, si occupa di far scorrere le acque, di sterminare i topi e si sente dire in continuazione che il suo mestiere l’ha rovinato. Eppure è talmente fiero del suo lavoro, e così assiduo nel viverlo quotidianamente che è convinto di governare “una città immersa nelle tenebre, con una pianta più regolare della città alla superficie, una città che, al pari di quella, ha le sue piazze principali e le sue vie secondarie, una città sempre percorsa dalle acque e raramente da passi umani, utile agli uomini e pur sconosciuta alla maggior parte di essi”. Questa visione schizofrenica gli impedisce di accorgersi che sopra di lui, nella vera città, è in corso un colpo di mano e che i rivoluzionari lo vogliono rimuovere in seguito alle accuse di aver sfruttato la sua conoscenza delle vie fognarie per facilitare la fuga agli oppositori. L’ispettore delle fogne si difende con una lunga, prolissa e dettagliata relazione con cui cerca di salvaguardare non solo il posto di lavoro, ma anche la dignità, il mondo che si è costruito e quei pochissimi legami, forse la sua stessa solitudine, perché “quando si lavora nelle fogne, bisogna mettere in conto che gli altri ti prendano in giro e ti ridano dietro. Quante volte al ristorante, quando ordino il vino, la cameriera scherza con me dicendo che anche un vinello come quello locale è pur sempre meglio dell’acqua delle fogne”. Non c’è alcun dubbio, e L’ispettore delle fogne sa di essere un uomo senza qualità, soprattutto agli occhi dei rivoluzionari (“Sì, signori, non si capisce bene perché, ma io sono un tipo che lascia perplessi. E io temo che, sempre per quella stessa ragione, debba apparire un tipo discutibile anche ai vostri occhi e sono addirittura sicuro che, chiunque sia il mio successore, egli finirà prima o poi col destare i sospetti del servizio di sicurezza”), ma non può fare a meno, come tutti, di credersi utile al regolare svolgersi della vita cittadina, anche in tempi tumultuosi. Ma nella sua appassionata filippica, L’ispettore delle fogne arriva a considerare un dato ineluttabile, ovvero “che l’uomo non è un essere pulito”, neanche quando prova a rinnovarsi nel sacro fuoco della rivoluzione. Nonostante sia sostanzialmente un monologo, L’ispettore delle fogne è un romanzo eccezionale per la chiarezza della scrittura di Hugo Loetscher, per il sottile e complesso gioco delle parti e perché lascia al lettore spazio a sufficienza per condividere l’ossessione del suo protagonista, che ha pure qualche ragione da vendere: “Qualunque sia il futuro che ora ha inizio, qualunque sia l’ordine che verrà istaurato, l’avvenire anche il più luminoso, e il mattino, anche il più ricco di giustizia, produrranno sempre acque di scolo e qualcuno che devii queste acque di scolo e ispezioni i loro canali ci vorrà pur sempre”. Le rivoluzioni, di solito, laggiù non ci vanno.
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