Lancio a effetto comincia come una spy story, poi si attorciglia attorno a un imprevedibile triangolo che emerge da un passato ormai remoto e resta un punto fermo in tutto il romanzo fino al colpo di scena finale. Il quadro è complicato (parecchio), ma scorre, perché Omar Shahid Hamid (Karachi, 1977, per anni ufficiale della polizia del Pakistan) scrive con cognizione di causa, è parsimonioso nel linguaggio almeno quanto generoso nei dettagli. Tutto inizia con il trasferimento dello sceicco Ahmed Uzair Sufi in un’improvvisata prigione nel deserto di Nara, un’area remota del Pakistan dove “per trovare la traccia di civiltà più vicina bisognava varcare il confine con l’India”. Viste le condizioni geopolitiche, la battuta suona ambigua, ma l’incipit contiene già tutti i temi che si svilupperanno in Lancio a effetto. A partire proprio dalla personalità di Ahmed Uzair Sufi alias Ausi che si rivela molto più pericolosa delle apparenze. Omar Abassi, il poliziotto che lo prende in custodia in mezzo al deserto, è “figlio di un umile maestro di una scuola di paese, grazie alle borse di studio aveva potuto frequentare alcuni degli istituti più prestigiosi della nazione, ma era sempre rimasto un outsider”. Il passato dello sceicco non è molto diverso, ma poi ha affrontato prigioni e torture nel Kashmir ed è diventato famoso (o, meglio, famigerato) per la decapitazione in diretta di una giornalista (inglese, incinta) e per l’attentato (fallito) al presidente. Ritrovarsi a custodire il nemico pubblico numero uno del Pakistan e di mezzo mondo per Omar Abassi è un’occasione più unica che rara per confrontarsi con i suoi superiori, forse per dare una scossa alla sua carriera, di sicuro per mettere a tacere frustrazioni e rimpianti. Lo sceicco è manipolatore, astuto e infido, ma Omar Abassi è metodico, stoico, infaticabile. Comincia a scavare, e il Lancio a effetto si rivela proprio a quel punto perché selezionando la corrispondenza dello sceicco con il suo amico Eddy, il poliziotto ricuce con pazienza le relazioni tra Sana, Ausi e lo stesso Eddy ed è lì che le figure geometriche disegnate dai movimenti dei tre amici cominciano a confondersi: gli scenari cambiano insieme alle scansioni temporali, con l’undici settembre 2001 (come è inevitabile) a fare da spartiacque. Nell’epistolario, Omar Abassi scopre che lo sceicco non è mai stato così irreprensibile (anzi) e devoto e che la sua “conversione” non è dovuta a una radicalizzazione religiosa e politica, piuttosto allo sbandamento e al disorientamento di fronte alla violenza, alla corruzione, alla miseria. Lettera dopo lettera, la ricostruzione di Omar Abassi affronterà molto altro riguardo ai tre amici e allo sceicco in particolare (che, per ovvi motivi, tocca al lettore scoprire), ma bisogna aggiungere che arrivati a questo punto forse è più importante lo sfondo della storia, che la trama stessa. Ecco perché Lancio a effetto annunciato dal titolo va seguito con scrupolosa attenzione e, potendo, senza interruzioni: Omar Shahid Hamid gioca sul velluto, senza grandi pretese, ma sul campo lascia molti interrogativi su quello che è successo prima e dopo l’11 settembre 2001, in Pakistan, e non solo.
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