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nello stesso anno di Arancia meccanica (1962), Il seme
inquieto è un tassello fondamentale e profetico delle visioni,
perché di questo si tratta, di Anthony Burgess. L’azione si svolge
in un futuro dove l’esplosione demografica ha costretto le autorità
ad un rigidissimo controllo delle nascite e al razionamento dei cibi
e delle bevande. Tutto ciò in cambio di una stabilità geopolitica e
di un mondo senza eventi bellici. Una Londra cupa e cresciuta in
verticale, e almeno dal punto di vista architettonico non siamo
distanti da come in effetti si è sviluppata, è l’epicentro dell’azione fino a
quando la situazione non si ribalta: la fame non è un fenomeno che
le variabili politici possono controllare. Scoppia l’inevitabile
caos, tra disordini e cannibalismo, orge e manovre di palazzo fino a
quando, in cerca di un nuovo ordine (che, si suppone, deve essere
mondiale) si giunge alla creazione di rudimentali milizie, poi di un
esercito, di più eserciti i cui destini sono chiarissimi: “Un
esercito, essendo in primo luogo un’organizzazione votata
all'omicidio di massa, non può certo farsi condizionare da scrupoli
etici. Deve tenere sgombre le arterie stradali per garantire il
traffico, sangue della nazione; tutelare i rifornimenti idrici;
mantener bene illuminate le vie principali: strade secondarie e
vicoli dovranno arrangiarsi. Nessun dubbio, niente domande”. Sono
invece tantissime le questioni che il crescendo, a tratti barocco,
con cui Anthony Burgess delinea Il seme inquieto lascia sul
terreno, oggi più attuali di quarant'anni fa, proprio a partire
dalla natura dell’esercito che è la causa, non l’effetto come i
libri di storia vorrebbero insegnarci: “Di qui a poco saranno in
tanti ad aver paura, amico, e tu fra loro, oserei dire. Ma è ovvio
che ci sarà una guerra. Non perché qualcuno la voglia,
naturalmente, ma perché c'è un esercito. Un esercito qua e un
esercito là ed eserciti a destra e a manca. Gli eserciti sono fatti
per la guerra e la guerra è fatta per gli eserciti. Mica ci vuol
tanto a capirlo”. Quello che Il seme inquieto comprende e
illustra, comincia da un’acuta rivisitazione dei temi orwelliani:
il potere politico che resiste ad ogni ribaltamento di fronte, i temi
dell’esplosione demografica e quelli conseguenti dello sfruttamento
delle risorse e degli sviluppi urbanistici, il controllo
dell'informazione e, infine, la guerra che aleggia sempre (anche
oggi, purtroppo) come una soluzione: “La guerra come grande
afrodisiaco, copiosa fonte di adrenalina per il mondo intero,
soluzione al tedio, all’Angst, alla malinconia, all'accidia, allo
spleen? La guerra come immenso atto sessuale culminante in una
detumescenza che non era una morte soltanto metaforica? La guerra,
infine, come suprema regolatrice, ordinatrice, eliminatrice,
giustificatrice della fecondità?”. Allucinante e incontrollabile nel
1962, inquietante (per la sua attualità) oggi, Il seme inquieto
sarà ancora un punto di riferimento tra quarant'anni e questo è un
destino che spetta soltanto ai capolavori.
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